IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SICILIA 
                            Sezione Prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 1362 del 2019, proposto da  Sara  Silvana  Cavallo,
rappresentata  e  difesa  dall'avvocato   Stefano   Polizzotto,   con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia  e  domicilio
eletto presso il suo studio in Palermo, via Torquato Tasso, 4; 
    contro: 
        Comune di Gela, Consiglio comunale di Gela non costituiti  in
giudizio; 
        Ufficio centrale elettorale del Comune di  Gela,  in  persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in Palermo,  via
Valerio Villareale, 6; 
    nei confronti  di  Cristoforo  Lucio  Greco,  Salvatore  Sammito,
Rosario Trainito, Giuseppe Morselli, Romina Adriana Morselli, Gaetano
Orlando, Alessandra Elisa Ascia,  Diego  Iaglietti,  Davide  Sincero,
Rosario Domenico Terenzio Faraci, Giuseppe Guastella, Valeria  Chiara
Caci, Luigi Giuseppe  Di  Dio,  Vincenzo  Cascino,  Giuseppe  Romano,
Giuseppe Terenziano Di Stefano, Nadia Gnoffo, Grazia  Maria  Concetta
Robilatte, Florinda Iudici, Ivan Filippo Maria Liardi,  rappresentati
e difesi dagli avvocati Girolamo Rubino, Giuseppe  Impiduglia,  Maria
Teresa Greco, con domicilio digitale  come  da  PEC  da  Registri  di
Giustizia; 
    per l'annullamento: 
        del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale
per il turno di ballottaggio di  Gela  -  elezioni  comunali  per  il
rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela  del  28  aprile
2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, a mezzo  del  quale
sono stati riassunti i voti riportati dai candidati  alla  carica  di
sindaco e di consigliere comunale ed i voti di lista, nella parte  in
cui in data 22  maggio  2019  e'  stata  illegittimamente  proclamata
eletta alla carica di consigliere comunale  per  la  lista  «Un'altra
Gela» la sig.ra Morselli Romina Adriana; 
        del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale
per il turno di ballottaggio di  Gela  -  elezioni  comunali  per  il
rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela  del  28  aprile
2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, nella parte in  cui
sono stati illegittimamente attribuiti alle  liste  «Un'altra  Gela»,
«Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune -  Il  Popolo
della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al  candidato  sindaco
eletto Greco Cristoforo, n. 15 seggi anziche' 14, per  cui  e'  stata
proclamata illegittimamente eletta  alla  carica  di  consigliere  la
sig.ra Morselli Romina Adriana della lista «Un'altra Gela»; 
        del verbale delle operazioni dell'Ufficio centrale elettorale
per il turno di ballottaggio di  Gela  -  elezioni  comunali  per  il
rinnovo del sindaco e del Consiglio comunale di Gela  del  28  aprile
2019 - Mod. n. 41 - Sb, chiuso il 23 maggio 2019, nella parte in  cui
sono stati illegittimamente attribuiti alle  liste  «Un'altra  Gela»,
«Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune -  Il  Popolo
della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al  candidato  sindaco
eletto Greco Cristoforo ulteriori n. 4 seggi per attribuzione del  60
dei seggi, per cui e' stata  proclamata  illegittimamente  eletta  al
Consiglio comunale la sig.ra Morselli Romina  Adriana  per  la  lista
«Un'altra Gela»; 
    nonche' per la correzione del risultato elettorale relativo  alla
consultazione elettorale in  questione,  secondo  quanto  specificato
infra, dichiarando decaduta dalla carica  di  consigliere  la  sig.ra
Morselli Romina Adriana per la lista «Un'altra  Gela»  e  dichiarando
proclamata eletta alla carica di consigliere comunale  per  la  lista
«Avanti Gela», collegata al candidato  sindaco  non  eletto  Giuseppe
Spata, la sig.ra Cavallo Sara Silvana, odierna ricorrente. 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visto il decreto presidenziale n. 387 del 18 giugno 2019; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  di  Cristoforo  Lucio
Greco,  di  Salvatore  Sammito,  di  Rosario  Trainito,  di  Giuseppe
Morselli, di Romina Adriana Morselli, Gaetano Orlando, di  Alessandra
Elisa Ascia, di  Diego  Iaglietti,  di  Davide  Sincero,  di  Rosario
Domenico Terenzio Faraci, di Giuseppe Guastella,  di  Valeria  Chiara
Caci, di Luigi Giuseppe Di Dio,  di  Vincenzo  Cascino,  di  Giuseppe
Romano, di Giuseppe Terenziano Di Stefano, di Nadia Gnoffo, di Grazia
Maria Concetta Robilatte, di Florinda Iudici, di Ivan  Filippo  Maria
Liardi, dell'Ufficio centrale elettorale del Comune di Gela; 
    Visto l'art. 79, comma 1, cod. proc. amm.; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  22  ottobre  2020  il
dott.  Roberto  Valenti  e  uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue; 
    1. - Con ricorso depositato il 18 giugno 2019, notificato in data
25 giugno 2019 unitamente al decreto  presidenziale  n.  387  del  20
giugno  2019,  e  quindi  nuovamente  depositato   con   attestazione
dell'avvenuta notifica in data 1° luglio 2019, la ricorrente  Cavallo
Sara Silvana ha  impugnato,  chiedendone  l'annullamento,  i  verbali
delle  operazioni  dell'Ufficio  centrale  elettorale  e  gli   altri
provvedimenti   in   epigrafe   indicati   relativi   alle   elezioni
amministrative per il  rinnovo  del  Consiglio  comunale  di  Gela  e
l'elezione diretta del relativo sindaco, nella parte in  cui  sarebbe
stata illegittimamente dichiarata eletta alla carica  di  consigliere
comunale per la lista  «Un'altra  Gela»  la  sig.ra  Morselli  Romina
Adriana. Contesta altresi' il verbale delle  operazioni  dell'Ufficio
centrale elettorale per il turno di ballottaggio di Gela nella  parte
in cui sono stati illegittimamente attribuiti  alle  liste  «Un'altra
Gela», «Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune  -  Il
Popolo della Famiglia», «Azzurri per Gela»,  collegate  al  candidato
sindaco eletto Greco Cristoforo, n. 15 seggi anziche' 14, per cui  e'
stata proclamata illegittimamente eletta alla carica  di  consigliere
la sig.ra Morselli Romina Adriana della lista «Un'altra Gela». 
    Parimenti, e' impugnato il verbale delle operazioni  dell'Ufficio
centrale elettorale per il turno di ballottaggio nella parte  in  cui
sono stati illegittimamente attribuiti alle  liste  «Un'altra  Gela»,
«Uniti Siamo Gelesi», «Una Buona Idea», «Impegno Comune -  Il  Popolo
della Famiglia», «Azzurri per Gela», collegate al  candidato  sindaco
eletto Greco Cristoforo ulteriori n. 4 seggi per attribuzione del 60%
dei seggi, per cui e' stata  proclamata  illegittimamente  eletta  al
Consiglio comunale la sig.ra Morselli Romina  Adriana  per  la  lista
«Un'altra Gela». 
    1.1 - Con il presente gravame, la ricorrente chiede la correzione
del risultato elettorale, con declaratoria di decadenza dalla  carica
di consigliere  la  sig.ra  Morselli  Romina  Adriana  per  la  lista
«Un'altra Gela» e con conseguente sua proclamazione  alla  carica  di
consigliere  comunale  quale  eletta  per  la  lista  «Avanti  Gela»,
collegata al candidato sindaco non eletto Giuseppe Spata. 
    1.2 - Premette la ricorrente di aver  partecipato  alle  elezioni
amministrative  in  parola,  svoltesi  in  data   28   aprile   2019,
concorrendo per la carica di consigliere comunale  nell'ambito  della
lista denominata «Avanti Gela», collegata al  candidato  sindaco  non
eletto Giuseppe Spata. 
    1.3 - Osserva quindi che nel primo turno le  liste  collegate  al
candidato sindaco n. 4  Greco  avevano  ottenuto  le  seguenti  cifre
elettorali: 
        lista n. 3 avente contrassegno «Un'altra Gela» voti 4.556; 
        lista n. 6 avente  contrassegno  «Uniti  Siamo  Gelesi»  voti
2.328; 
        lista n. 7 avente contrassegno «Una Buona Idea» voti 2.984; 
        lista n. 9 avente contrassegno «Impegno Comune  -  Il  Popolo
della Famiglia» voti 1.958; 
        lista n. 12  avente  contrassegno  «Azzurri  per  Gela»  voti
3.260; 
    per un totale di n. 15.086,  quale  cifra  complessiva  dei  voti
delle predette liste collegate. 
    Di contro, le liste collegate al candidato sindaco  n.  3,  Spata
Giuseppe, hanno ottenuto le seguenti cifre elettorali: 
        lista n. 2 avente contrassegno «Avanti Gela» voti 4.299; 
        lista n.  5  avente  contrassegno  «Fratelli  d'Italia»  voti
2.705; 
        lista n. 8 avente contrassegno «Italia UDC» voti 2.068; 
        lista n. 10 avente contrassegno «Lega Salvini  Sicilia»  voti
2.805; 
    per un totale quindi di n. 11.877 quale cifra complessiva di voti
liste dette collegate. 
    1.4 - In esito al turno di ballottaggio veniva proclamato  eletto
alla carica di sindaco il candidato Greco. 
    1.5 - Con la ripartizione dei seggi spettanti a ciascuna lista  o
gruppo di liste, ai sensi dell'art. 4, comma 4,  legge  regionale  n.
35/1997, venivano quindi assegnati n. 11 seggi  al  gruppo  di  liste
collegate al sindaco eletto Greco; inoltre, ai sensi del comma 6 art.
4 legge regionale n. 35/1997, veniva attribuito il cosi' detto premio
di maggioranza, assegnando al gruppo di liste  collegate  al  sindaco
eletto n. 4 ulteriori seggi, per un totale complessivo pari quindi  a
15 seggi. 
    2. - Cio' premesso, la ricorrente lamenta l'errore in cui sarebbe
incorso l'Ufficio centrale  elettorale  nel  rideterminare,  in  modo
ritenuto illogico ed arbitrario, la ripartizione  dei  seggi  tra  le
liste concorrenti. 
    2.1 - Sotto tale profilo, la ricorrente deduce che il 60% dei  24
seggi di cui si compone il Comune di Gela e' pari a 14,4, e non  gia'
a 15. 
    2.2 - Ed invero, dopo aver assegnato, ai sensi di legge, un primo
seggio al candidato sindaco non eletto che aveva riportato il miglior
secondo piazzamento nella  competizione  elettorale,  la  Commissione
elettorale, non solo non avrebbe preso a riferimento come criterio di
calcolo i n. 23 seggi  residuali  (anziche'  24  di  cui  si  compone
l'assemblea  consiliare),  ma   avrebbe   altresi'   illegittimamente
arrotondato per eccesso il dato numerico di 14,4 con  cifra  decimale
derivante dalla applicazione della percentuale del 60% al  numero  di
componenti l'assemblea consiliare (24), assegnando, in modo  ritenuto
illegittimo, n. 15  consiglieri  al  gruppo  di  liste  collegate  al
sindaco risultato eletto. 
    2.2. - Ad avviso della ricorrente, il 15^  seggio  sarebbe  stato
illegittimamente  assegnato  alla  lista   «Un'altra   Gela»,   cosi'
individuando quale eletta la sig.ra Morselli Romina  Adriana,  avente
il maggiore quoziente elettorale; diversamente il  seggio  in  parola
spetterebbe proprio alla ricorrente Cavallo Sara Silvana,  prima  dei
non eletti, in applicazione della corretta portata della norma. 
    3. - Nel ricorso si articolano le seguenti due censure: 
        i) violazione e falsa  applicazione  dell'art.  4,  comma  6,
legge regionale n. 35/1997; violazione  dell'art.  4  comma  3-ter  e
comma 7 legge regionale n. 35/1997, violazione degli articoli 3 e  97
della  Costituzione,  eccesso  di  potere:  il  risultato  elettorale
risulta viziato per l'errata attribuzione  alle  liste  collegate  al
candidato sindaco vincitore di un numero di seggi maggiore rispetto a
quello dovuto in  applicazione  del  c.d.  «premio  di  maggioranza»;
segnatamente il  numero  di  seggi  originariamente  attribuito  alle
predette liste in forza del solo risultato elettorale era pari  a  n.
11 seggi, poi aumentato a 15 in ragione del  premio  di  maggioranza,
nonostante il fatto che i componenti dell'ufficio  centrale  avessero
determinato in 14,4 il valore corrispondente al  60%  dei  seggi  del
Consiglio comunale; tuttavia ai fini del calcolo  della  «maggioranza
dei seggi» si sarebbero dovuti prendere in considerazione n. 23 seggi
e non 24, stante che un seggio spetta di diritto  al  candidato  alla
carica di sindaco, tra quelli  non  eletti,  che  abbia  ottenuto  il
maggior numero di voti ed almeno il venti per cento dei voti; inoltre
si sarebbe proceduto ad un  illegittimo  arrotondamento  per  eccesso
della predetta percentuale, consentita solo ove la cifra decimale sia
maggiore a 50 centesimi; 
        ii) violazione e falsa applicazione  dell'art.  4,  comma  6,
legge regionale n. 35/1997, violazione articoli  3,  48  e  97  della
Costituzione; violazione dei principi in  tema  di  ripartizione  dei
seggi, con particolare riferimento al  criterio  dell'arrotondamento,
eccesso di potere: nel nostro ordinamento vige un principio  generale
secondo cui l'arrotondamento alla cifra superiore puo' scattare  solo
nel caso in cui il numero di consiglieri da assegnare  alla  lista  o
gruppo di liste contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. 
    4.  -  Resistono  i  controinteressati  Greco  Cristoforo  Lucio,
Sammito Salvatore,  Trainito  Rosario,  Morselli  Giuseppe,  Grisanti
Pierpaolo, Morselli Adriana Romina, Orlando Gaetano, Ascia Alessandra
Elisa, Iaglietti  Diego,  Sincero  Davide,  Faraci  Rosario  Domenico
Terenzio, Guastella Giuseppe,  Caci  Valeria  Chiara,  Di  Dio  Luigi
Giuseppe, Cascino Vincenzo,  Romano  Giuseppe,  Di  Stefano  Giuseppe
Terenziano, Gnoffo Nadia, Robilatte  Grazia  Maria  Concetta,  Iudici
Florinda, Liardi Ivan Filippo Maria chiedendo il rigetto del ricorso,
richiamando  il  piu'  recente  orientamento   della   giurisprudenza
amministrativa   in   ordine   all'applicazione   del   «premio    di
maggioranza», depositando altresi' documenti. 
    5. Con memoria del  6  ottobre  2020  i  controinteressati  Greco
Cristoforo Lucio e Morselli Adriana Romina: 
        hanno rappresentato  che  nelle  more,  successivamente  alla
stessa  proposizione   del   ricorso,   il   legislatore   regionale,
«all'evidente  fine  di  incidere  sull'esito   del   giudizio»,   e'
intervenuto in materia merce' l'art. 3 della legge regionale n. 6 del
3 marzo  2020,  rubricato  «interpretazione  autentica  del  comma  6
dell'art.  4  della  legge  regionale  15  settembre  1997,  n.  35»,
stabilendo che «Il comma 6 dell'art.  4.  della  legge  regionale  15
settembre 1997, n. 35  e  successive  modifiche  ed  integrazioni  si
interpreta nel senso che, per i casi nei quali la percentuale del  60
per cento dei seggi non corrisponda ad una  cifra  intera  ma  ad  un
quoziente decimale, l'arrotondamento si effettua per eccesso in  caso
di decimale uguale o superiore a 50 centesimi e per difetto  in  caso
di decimale inferiore a 50 centesimi»; 
        hanno quindi prospettato la sussistenza della rilevanza e non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della norma sopravvenuta, art. 3 legge regionale 3 marzo 2020, n.  6,
in  relazione  agli  articoli  «3,  4,  24,  113,  97  e  117»  della
Costituzione. 
    Sinteticamente, i controinteressati lamentano: 
        che la norma di  legge  erroneamente  e  surrettiziamente  si
auto-qualifica come di «interpretazione  autentica»  in  assenza  dei
presupposti,  non  sussistendo  alcun  dubbio  interpretativo   sulla
portata  della  disposizione  asseritamente  interpretata,  come   da
granitico orientamento della giurisprudenza amministrativa di primo e
secondo grado, debitamente richiamata; 
        che  la  norma,  inverso,  assume  un   oggettivo   carattere
innovativo,  siccome   introduce   un   meccanismo   differente   per
l'attribuzione dei seggi, prevedendo la  possibilita',  fino  a  quel
momento esclusa,  di  arrotondare  per  difetto  (in  caso  di  cifra
decimale inferiore a 0,5) la percentuale sopradetta e rendendo  cosi'
possibile che i seggi assegnati alla  «maggioranza»  siano  inferiori
alla percentuale  prevista  dalla  legge  (id  est:  almeno  il  60%)
rispetto al numero dei componenti dell'organo assembleare,  il  tutto
in spregio allo ratio legis della previsione normativa interpretata; 
        che la stessa  amministrazione  attiva,  per  altro,  con  la
circolare dell'Assessorato regionale delle Autonomie locali, prot  n.
3675 del 26  marzo  2020,  versata  in  atti,  ha  precisato  che  la
disciplina introdotta dall'art. 3 della legge regionale 3 marzo 2020,
n.  6,  «trova  applicazione  dalla   prossima   tornata   elettorale
amministrativa,  in  quanto  non  puo'   incidere   sull'assegnazione
numerica dei seggi corrispondenti ai premi di maggioranza, cosi' come
gia' calcolati ed assegnati dagli Uffici  centrali  nelle  precedenti
elezioni amministrative del 28 aprile 2019»; 
        che  la  disposizione  normativa  in  parola,  inoltre,   ove
applicata   retroattivamente   (in   quanto    autoqualificata    «di
interpretazione  autentica»),  inciderebbe  sui  giudizi  pendenti  e
quindi sull'esercizio della funzione giurisdizionale  in  corso,  con
lesione  sia  degli  art.  102  (rectis:  103),  117  e   111   della
Costituzione in correlazione all'art. 6 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
    6. - Parte  ricorrente,  con  memoria  del 10  ottobre  2020,  ha
concluso per l'accoglimento del ricorso in applicazione  della  norma
di «interpretazione autentica» introdotta con  il  mentovato  art.  3
legge regionale 3 marzo 2020, n. 6. 
    6.1 - Ad avviso di parte,  nel  caso  di  specie  il  legislatore
regionale non avrebbe introdotto alcuna nuova disposizione normativa,
essendosi  limitato  semplicemente  a  chiarire  il  dubbio  su  come
assegnare i seggi nel caso in cui, applicando la percentuale di legge
per l'assegnazione del premio di maggioranza, il  risultato  ottenuto
sia una cifra decimale. 
    6.2 - Sussisterebbero quindi, ad  avviso  di  parte,  entrambi  i
presupposti  per  i  quali,  secondo  i  pronunciamenti  della  Corte
costituzionale, sarebbe  del  tutto  legittimo  il  ricorso  a  leggi
interpretative (ossia: ambiguita' della norma e  molteplicita'  delle
posizioni interpretative degli operatori di  diritto)  ad  opera  del
legislatore con un «intervento  autoritativo  avente  efficacia  erga
omnes e retroattiva». Per altro, richiamando la sentenza della  Corte
costituzionale n. 271 del 2011, parte ricorrente ritiene che sussista
una ulteriore ipotesi in cui il  legislatore  (qui  regionale)  possa
intervenire  con  norme  interpretative:  ossia  per  contrastare  un
orientamento giurisprudenziale (c.d.  diritto  vivente)  sfavorevole,
sempre  che  l'opzione  ermeneutica  prescelta  rinvenga  il  proprio
fondamento nella cornice della norma interpretata. 
    7 - Alla  pubblica  udienza  del  22  ottobre  2020,  dopo  ampia
discussione  delle  parti,  che  hanno   insistito   nelle   relative
richieste, la causa e' stata posta in decisione. 
    8. - Il Collegio, per le considerazioni che seguono, dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge  regionale  della
Regione Siciliana 3 marzo 2020, n. 6: non perche' fosse  precluso  al
legislatore  regionale  siciliano,   nell'esercizio   della   propria
potesta' legislativa esclusiva, di attribuire a una  norma  regionale
un significato diverso da quello che emergeva dalla sua  formulazione
letterale,  ma  per  l'attribuzione  di  una  efficacia   retroattiva
veicolata mediante la qualificazione  della  norma  introdotta  quale
norma interpretativa, a cui corrisponde una  diretta  e  determinante
incidenza sui giudizi in corso. 
    9.  -  La  questione   sottoposta   al   vaglio   del   Collegio,
ricostruzione del contesto normativo di riferimento. 
    9.1  -  Il  Collegio,  come  sopra  evidenziato,  e'  chiamato  a
risolvere il giudizio proposto dalla ricorrente volto a contestare la
legittimita' dell'assegnazione dei  seggi  alle  liste  collegate  al
candidato sindaco risultato eletto. 
    La questione centrale attiene al profilo di censura  dedotto  con
il secondo motivo, prospettata in termini piu' generici anche con  la
prima censura, in  relazione  al  criterio  dell'arrotondamento,  per
eccesso   o   per   difetto,   della   cifra    decimale    risultata
dall'applicazione della percentuale prevista dalla legge  sul  numero
complessivo dei seggi di cui e' composto l'organo consiliare. 
    Il Collegio  osserva  incidentalmente  che  in  ordine  al  primo
profilo di censura dedotto con il ricorso (relativo alla operativita'
e rilevanza del seggio  spettante  ope  legis  al  miglior  candidato
sindaco non risultato eletto) la Sezione si e' gia' pronunciata.  Con
sentenza  n.  2676/2017  si  e'   affermato   che   l'operazione   di
«assegnazione» del seggio spettante al miglior candidato sindaco  non
eletto operi solamente rispetto  liste  e  coalizioni  di  liste  non
collegate  al  sindaco  eletto  e,  quindi,   non   comporta   alcuna
prededuzione e/o riduzione del fattore (id est: il numero  dei  seggi
di cui si compone l'organo assembleare) cui applicare la  percentuale
di legge del 60% per l'assegnazione del premio di maggioranza. 
    9.2 - Cio' posto, in relazione al restante profilo dedotto con la
prima censura ed in riferimento soprattutto alla  seconda  doglianza,
viene in rilievo il comma 6 dell'art. 4 legge regionale 15  settembre
1997, n. 35, ai sensi del quale si prevede  che:  «Alla  lista  o  al
gruppo di liste collegate al  candidato  proclamato  eletto  che  non
abbia gia' conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del  Consiglio
viene assegnato, comunque, il 60  per  cento  dei  seggi,  sempreche'
nessun'altra lista o gruppo di liste collegate abbia gia' superato il
50 per cento dei voti validi. Salvo quanto previsto dal comma  3-ter,
i restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste
collegate, ai sensi del comma 4. Il premio  di  maggioranza  previsto
per la lista o le liste collegate al sindaco  eletto  a  primo  turno
viene attribuito solo nel caso in cui la lista  o  le  liste  abbiano
conseguito almeno il quaranta per cento dei voti validi». 
    9.3 - La norma regionale, emanata  nell'ambito  della  competenza
legislativa esclusiva del legislatore insulare, disciplina l'istituto
del  cosi'  detto  «premio  di  maggioranza»  assegnato  alle   liste
collegate  al  candidato  sindaco  proclamato   eletto   e   risponde
all'avvertita esigenza  di  garantire,  agli  organi  comunali  e  al
sindaco  eletto,  le  condizioni  migliori  per   la   governabilita'
dell'Ente locale. 
    9.4 - Lo stesso istituto, in ambito nazionale,  e'  disciplinato,
in modo del tutto analogo, dall'art. 73, comma 10,  del  T.U.E.L.  di
cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 67, ai sensi del  quale
si prevede, infatti, che «Qualora un candidato alla carica di sindaco
sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste
a lui collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma  8,
almeno il 60 per cento dei seggi del  consiglio,  ma  abbia  ottenuto
almeno il 40 per cento dei voti validi, viene  assegnato  il  60  per
cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista  o  altro  gruppo  di
liste collegate abbia superato il  50  per  cento  dei  voti  validi.
Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto  al
secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate  che
non abbia gia' conseguito, ai sensi del comma 8,  almeno  il  60  per
cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60  per  cento  dei
seggi, sempreche'  nessuna  altra  lista  o  altro  gruppo  di  liste
collegate al primo turno abbia gia' superato nel turno medesimo il 50
per cento dei voti validi. I restanti seggi  vengono  assegnati  alle
altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8». 
    10.  -  Sulla   rilevanza   della   questione   di   legittimita'
costituzionale,  sull'applicabilita'  alla  fattispecie  dedotta   in
giudizio  della  norma  sopravvenuta  «di  interpretazione»  e  sulla
impossibilita' di una  interpretazione  costituzionalmente  orientata
della stessa. 
    10.1  -  Come  gia'  evidenziato,  nelle   more   del   giudizio,
successivamente allo svolgimento della competizione elettorale e alla
proposizione dell'  odierno  ricorso,  il  legislatore  regionale  e'
intervenuto  con  una  norma  qualificata  come  di   interpretazione
autentica. 
    Con l'art. 3 della  legge  regionale  3  marzo  2020,  n.  6,  il
legislatore ha previsto che «Il  comma  6  dell'art.  4  della  legge
regionale  15  settembre  1997,  n.  35  e  successive  modifiche  ed
integrazioni si interpreta nel senso che, per i  casi  nei  quali  la
percentuale del 60 per cento dei seggi non corrisponda ad  una  cifra
intera ma ad un quoziente decimale, l'arrotondamento si effettua  per
eccesso in caso di decimale uguale o superiore a 50 centesimi  e  per
difetto in caso di decimale inferiore a 50 centesimi». 
    10.2 -  Sulla  base  della  predetta  ultima  norma,  il  ricorso
andrebbe accolto stante l'applicazione retroattiva della disposizione
che deriva dalla natura «interpretativa» che il legislatore regionale
ha attribuito alla stessa. 
    10.3.0 - Di contro, in assenza della norma in parola,  ovvero  di
declaratoria  di  sua  illegittimita'  costituzionale,   il   ricorso
dovrebbe essere  invece  rigettato  atteso  l'orientamento  granitico
della giurisprudenza amministrativa. 
    Ed invero, ancora di recente il Consiglio di Stato (sez. III,  18
ottobre 2018 sentenza n. 5967), in relazione alla interpretazione del
dato normativo nazionale (comma 10, art. 73 T.U.E.L.), ha avuto  modo
di precisare che «il dato  testuale  impone,  nella  fattispecie,  di
assegnare alla coalizione vincente almeno di 60 per cento dei  seggi,
con conseguente necessita', in  caso  di  quoziente  frazionario,  di
arrotondamento all'unita' superiore (cfr. Consiglio di Stato, Sezione
V Consiglio di Stato n.  4419/2015;  30  gennaio  2013,  n.  571;  12
febbraio 2013, n. 810; 16 aprile 2013, n. 2086; 18  aprile  2013,  n.
2155; 7 maggio 2013, n. 2468; 14 maggio  2013,  n.  2618;  15  luglio
2013, n. 3793; 20 agosto 2013, n. 4196; 4 settembre 2013, n. 4417; 23
settembre 2013, n. 4680; 26 settembre 2013, n. 4762; 3 ottobre  2013,
n. 4885; 26 novembre 2013, n. 5608; 30 giugno 2014, n. 3269)». 
    Con la  medesima  sentenza,  il  Consesso  di  Palazzo  Spada  ha
rimarcato che il 60 % dei seggi, previsto  dalla  legge,  costituisce
non il limite massimo bensi' quello minimo dei seggi  spettanti  alla
coalizione vincente,  stabilito  dal  legislatore  per  garantire  la
governabilita' dell'Ente locale. 
    10.3.1 - Tali principi sono stati ritenuti applicabili  anche  al
dato normativo regionale siciliano,  atteso  che  tra  le  due  norme
sussiste   una   sostanziale    sovrapposizione    (cfr.    Tribunale
amministrativo regionale Sicilia, sez. II sede staccata  di  Catania,
19  ottobre  2016  n.  2591;  di  recente  Tribunale   amministrativo
regionale Sicilia, Palermo, Sez. I, 25 ottobre 2019, n. 2465). 
    10.4 - Il Collegio non ritiene utilmente percorribile,  in  luogo
della rimessione della questione alla  Consulta,  alcuna  ipotesi  di
interpretazione  «costituzionalmente  orientata»  della   norma   che
consenta la definizione del giudizio, non  potendo  questo  decidente
incidere sulla contestata qualificazione che il legislatore regionale
ha assegnato alla norma  da  applicare  alla  presente  controversia,
intesa quale norma di interpretazione autentica. 
    La risoluzione della controversia si sostanzia, in altri termini,
nella legittimita'  o  meno,  da  parte  del  legislatore  regionale,
dell'esercizio del potere normativo con l'introduzione di una  norma,
ripetesi,  qualificata  di  «interpretazione»  ed  in   quanto   tale
applicabile retroattivamente. 
    11.  -  Sulla  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
legittimita'   costituzionale   e   parametri    costituzionali    di
riferimento. 
    11.1  -  Come  sopra  accennato,   il   Collegio   dubita   sulla
legittimita'  costituzionale  della  norma;  sia  in  relazione  alla
sussistenza  dei  presupposti,  gia'  indicati  dalla  giurisprudenza
costituzionale, per il legittimo esercizio del potere  di  normazione
interpretativa  (atteso  che,  come  gia'  illustrato,  il   contesto
giurisprudenziale risultava invero granitico),  sia  per  la  diretta
incidenza della nuova norma «retroattiva» sui ricorsi pendenti. 
    11.2.0 - Il  Collegio  ritiene  rilevante  e  non  manifestamente
infondata,   in   primo   luogo,   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art.  3  della  legge  regionale  n.  6/2020  per
lesione del principio di «ragionevolezza», come desumibile dal  comma
2 dell'art. 3 della Costituzione. 
    Anche nell'esercizio del potere di normazione primaria,  vieppiu'
nell'ambito di una materia  di  competenza  esclusiva,  quale  e'  in
specie la normativa in materia legge elettorale per il rinnovo  degli
organi degli enti locali siciliani, il legislatore regionale non puo'
comunque  prescindere  dal  principio  di  ragionevolezza  intrinseca
introducendo disposizioni normative  non  coerenti  con  il  predetto
canone desumibile, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale,
proprio dall'art. 3, comma 2, della Carta fondamentale. 
    Con la sentenza n. 87/2012 la Corte  costituzionale  riafferma  e
ripercorre  la  giurisprudenza   che   desume   dall'art.   3   della
Costituzione un canone di «razionalita'» della  legge  svincolato  da
una  normativa   di   raffronto,   rintracciato   nell'«esigenza   di
conformita' dell'ordinamento a valori  di  giustizia  e  di  equita'»
(sentenza  n.  421  del  1991)  ed  a  criteri  di  coerenza  logica,
teleologica e storico-cronologica, che costituisce un presidio contro
l'eventuale manifesta irrazionalita' o  iniquita'  delle  conseguenze
della stessa (sentenze  n.  46  del  1993,  n.  81  del  1992)  (cfr.
relazione sulla  Giurisprudenza  costituzionale  dell'anno  2012  del
Presidente della Corte costituzionale, riunione  straordinaria  della
Corte del 12 aprile 2013, pagg. 95 e ss.). 
    11.2.1 - Nel caso in esame, l'art. 3  della  legge  regionale  n.
6/2020 assegna alla norma  interpretata  un  significato  che  sembra
esulare  dalle  possibili  varianti  di  senso  dello  stesso   testo
normativo. 
    Applicando la disposizione normativa cosi'  come  «interpretata»,
con arrotondamento per difetto del  dato  ottenuto,  in  presenza  di
cifra decimale inferiore a 0,5, i seggi assegnati alla  «maggioranza»
risulterebbero sempre pari ad  una  percentuale  inferiore  a  quella
prevista dalla legge (60%), in spregio al dato letterale della norma. 
    Merce'  l'emanazione  della   predetta   disposizione   normativa
«interpretativa», il Collegio dubita che legislatore regionale  abbia
fatto buon governo del principio costituzionale sopra menzionato. 
    Ad avviso del Collegio,  l'applicazione  letterale  dell'art.  4,
comma  6,  della  legge  regionale  n.  35/1997  dovrebbe  comportare
l'applicazione  della  stessa  norma  e  dell'istituto  ivi  previsto
relativo al «premio di maggioranza», anche nel caso in cui, in  esito
al solo  quoziente  elettorale,  il  gruppo  di  liste  collegate  al
candidato sindaco avesse ottenuto n. 14 seggi, rispetto ai 24 di  cui
si compone  l'assemblea  consiliare:  infatti  tale  dato  (14  seggi
rispetto ai 24) risulterebbe comunque inferiore al 60% previsto dall'
art. 4 comma 6 della legge regionale n.  35/1997;  sicche'  anche  in
tale ipotesi dovrebbe scaturire un seggio in piu'. 
    Come sopra indicato, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo
chiarito che il dato percentuale in questione  (60%)  costituisce  il
limite minimo non suscettibile di ulteriori  riduzioni,  a  causa  di
arrotondamenti per difetto, del contingente di seggi  spettanti  (ove
non gia' scaturito dall'esito diretto del voto)  al  gruppo  di  lite
collegato al candidato sindaco risultato eletto. 
    Per altro, laddove il  legislatore  regionale  ha  ritenuto,  nel
contesto della stessa legge  regionale  n.  35/1997,  di  dover  fare
applicazione del criterio dell'arrotondamento  per  eccesso  solo  in
presenza di un  dato  decimale  superiore  allo  0,50,  lo  ha  fatto
espressamente: infatti, seppur a differenti fini,  al  comma 1  dello
stesso  art.  4  legge  regionale  n.  35/1997  il   legislatore   ha
chiaramente previsto che  «Le  liste  per  l'elezione  del  Consiglio
comunale devono comprendere un numero di candidati non  superiore  al
numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai due terzi,  con
arrotondamento all'unita' superiore qualora il numero dei consiglieri
da comprendere nella lista contenga una cifra  decimale  superiore  a
50». 
    In altri termini, ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. 
    La    stessa    amministrazione,    inoltre,    con     circolare
dell'Assessorato regionale delle Autonomie locali, prot n.  3675  del
26 marzo 2020, versata  in  atti,  ha  precisato  che  la  disciplina
introdotta dall'art. 3 della legge regionale  3  marzo  2020,  n.  6,
«trova applicazione dalla prossima tornata elettorale amministrativa,
in quanto non puo'  incidere  sull'assegnazione  numerica  dei  seggi
corrispondenti ai premi di maggioranza, cosi' come gia' calcolati  ed
assegnati   dagli   Uffici   centrali   nelle   precedenti   elezioni
amministrative del 28 aprile 2019», cosi' corroborando i dubbi  sulla
effettiva   valenza   «interpretativa»   della   nuova   disposizione
introdotta. 
    11.2.2  -  Sussiste  quindi  la   rilevanza   e   non   manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  della
norma per violazione dell'art. 3,  comma  2,  della  Costituzione  in
quanto la nuova disposizione appare del tutto irrazionale, in assenza
dei presupposti per un intervento chiarificatore, destinata inoltre a
regolare,  con  effetto  sostanzialmente  retroattivo,   procedimenti
elettorali ancora non conclusi perche'  sub  iudice,  come  si  avra'
altresi' modo di precisare ulteriormente di seguito. 
    La norma appare in contrasto con il principio  di  ragionevolezza
enucleabile dall'art. 3, comma 2, della Costituzione in quanto, lungi
dall'esplicitare  una  possibile  variante  di  senso   della   norma
interpretata,  incongruamente  le  attribuisce  un  significato   non
compatibile con la sua formulazione, cosi' ledendo la coerenza  e  la
certezza dell'ordinamento giuridico. 
    Va, in particolare, sotto tale profilo, richiamato il consolidato
orientamento della Corte costituzionale (tra le  tante,  sentenze  n.
167 del 2018, n. 73 del 2017, n. 170 del 2013, n. 78 del  2012  e  n.
209 del 2010) secondo cui occorre che la  retroattivita'  (in  specie
connessa alla natura interpretativa della nuova disposizione  qui  in
argomento)   non   contrasti   con   altri   valori    e    interessi
costituzionalmente protetti (ex plurimis cfr. sentenze numeri 93 e 41
del  2011)  tra  cui  «il  rispetto   del   principio   generale   di
ragionevolezza,  che  si   riflette   nel   divieto   di   introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto;  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al
potere giudiziario». 
    La  Corte  costituzionale  ha  anche  rilevato  come  non   possa
trascurarsi che, in relazione a leggi che pretendono di avere  natura
meramente   interpretativa,   la   palese    erroneita'    di    tale
auto-qualificazione puo' costituire un indice, sia pur non dirimente,
dell'irragionevolezza della  disciplina  censurata  (di  nuovo  Corte
costituzionale sentenza n. 73 del 2017 e, in particolare, sentenze n.
103 del 2013 e n. 41 del 2011). La Corte ha altresi'  osservato  che,
in  direzione  opposta,  la  natura  realmente  interpretativa  della
disciplina  sottoposta  al   suo   esame   potrebbe   non   risultare
indifferente  ai  fini  dell'esito  del  controllo  di   legittimita'
costituzionale, laddove sia censurata  l'irragionevolezza  della  sua
retroattivita'. Tale natura risulterebbe rilevante,  in  particolare,
quando il principio costituzionale asseritamente leso dall'intervento
legislativo sia quello dell'affidamento dei consociati nella certezza
e  nella  stabilita'  di  una  disposizione  normativa   come   ormai
consolidata anche nella sua interpretazione giurisprudenziale. 
    Secondo  la  Corte  infatti,  se  l'interpretazione  imposta  dal
legislatore consiste effettivamente nell'assegnare alle  disposizioni
interpretate  un  significato  normativo  in  esse   gia'   realmente
contenuto, cioe'  riconoscibile  come  una  delle  loro  possibili  e
originarie varianti di senso, questo potrebbe deporre, sia per la non
irragionevolezza dell'intervento in questione,  sia  nella  direzione
della  non  configurabilita'  di  una  lesione  dell'affidamento  dei
destinatari (sempre Corte costituzionale, sentenza n. 108 del 2019  e
n. 73 del 2017; sentenza n. 170 del 2008). 
    Tuttavia queste ultime ipotesi, per quanto  sopra  motivato,  non
appaiono riscontrabili nel caso in esame. 
    11.3 - Vengono altresi' in considerazione  ulteriori  profili  di
rilevanza e non manifesta infondatezza di questioni  di  legittimita'
costituzionale. 
    Occorre  ribadire,  come  gia'  evidenziato,  che   non   e'   in
discussione la potesta' del legislatore, anche quello  regionale,  di
intervenire ed approvare disposizioni normative  di  «interpretazione
autentica»;  che  chiariscono  la  portata  precettiva  della   norma
interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente gia'  espresso
dalla stessa, ovvero norme «innovative  con  efficacia  retroattiva»,
come per altro riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale con  la
sentenza n. 41/2011. 
    Tuttavia, in relazione ad ulteriori principi sanciti dalla  Carta
fondamentale e, a livello sovranazionale,  dalla  stessa  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali, la Corte costituzionale  (sentenza  n.  308/2013,  cfr.
anche Corte costituzionale n. 73/2017 n. 174 e n. 108  del  2019)  ha
precisato che «quello che rileva e',  in  entrambi  i  casi,  che  la
retroattivita'  trovi  adeguata  giustificazione  sul   piano   della
ragionevolezza, in una prospettiva di  stretto  controllo,  da  parte
della Corte, di  tale  requisito,  e  non  contrasti  con  valori  ed
interessi costituzionalmente protetti». 
    Ed  invero,  una  norma  legislativa   solo   apparentemente   di
«interpretazione autentica», attesi gli effetti  retroattivi  che  ne
discenderebbero (pur in assenza di «motivi  imperativi  di  interesse
generale» tali da legittimare interventi di tal guisa  da  parte  del
legislatore), si porrebbe in insanabile  contrasto  con  l'art.  117,
comma 1 della Costituzione quale norma interposta per  l'applicazione
degli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per  la  salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  che  precludono
l'entrata in vigore di leggi a valenza retroattiva idonee ad incidere
sui giudizi in corso (cfr. sentenze della  Corte  di  Strasburgo:  11
dicembre 2012, De Rosa; 14 febbraio  2012,  Arrasa;  7  giugno  2011,
Agrati); inoltre risulterebbe  violato  l'esercizio  del  diritto  di
difesa e tutela dei  propri  diritti  (art.  24  della  Costituzione)
considerato che la norma nel caso in esame e' destinata ad incidere a
vantaggio di una delle due parti del giudizio  pendente,  precludendo
la stessa  autonomia  della  funzione  giurisdizionale  assegnata  al
giudice amministrativo (art.  103  della  Costituzione),  nonche'  il
principio del giusto processo di cui all'art. 111 della  Costituzione
declinato sotto il profilo della parita' di trattamento tra tutte  le
parti processuali. 
    11.4  -  E'  indubbio  che  la   nuova   disposizione   normativa
«interpretativa» sia stata emanata, rispetto ad una  norma  risalente
al 1997 (risultando neutre, ai fini che qui  rilevano,  le  modifiche
apportate alla diposizione in parola, id est art. 4,  comma  6  legge
regionale  n.  35/1997,  dall'art.  3,  comma  2,  lettera  c,  legge
regionale 11 agosto 2016, n. 17), solo a  seguito  dello  svolgimento
delle  consultazioni  amministrative  del  2019  e  financo  dopo  la
proposizione dei giudizi elettorali pendenti, vertenti sulla medesima
questione di  diritto  sui  cui  e'  successivamente  intervenuto  il
legislatore regionale: con evidente non  confutabilita'  dell'assunto
delle parti resistente secondo cui all'atto  dell'approvazione  della
legge  contestata  i  suoi   destinatari   erano   immediatamente   e
aprioristicamente individuabili,  tanto  dal  legislatore  regionale,
quanto dalla pubblica amministrazione. 
    11.5 - Nel caso in esame,  il  Collegio  dubita  sulla  effettiva
consistenza  dei  motivi  imperativi   d'interesse   generale,   come
individuati dalla Corte di Strasburgo  («ragioni  storiche  epocali»,
ovvero necessita' di porre rimedio ad una imperfezione tecnica  della
legge interpretata ristabilendo  una  interpretazione  piu'  aderente
alla originaria  voluntas  legis:  cfr.  sentenza  23  ottobre  1997,
National & Provincial Building Society ed altri contro  Regno  Unito;
sentenza 27  maggio  2004,  Ogis-Institu  Stanislas  e  altri  contro
Francia), idonei a giustificare l'effetto retroattivo  perseguito  ed
operato dal legislatore regionale; con conseguente  rilevanza  e  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
della norma  «interpretativa»  per  violazione  anche  del  parametro
costituito dagli articoli 24, 103 comma 1, 111 comma 2  e  117  primo
comma, della Costituzione, in relazione all'art. 6 della  Convenzione
europea, come interpretato dalla Corte di Strasburgo. 
    Tali dubbi trovano conforto nella pronuncia  della  stessa  Corte
costituzionale di cui  alla  sentenza  n.  78/12  (cfr.  anche  Corte
costituzionale n. 170/13). 
    Con detta sentenza la Consulta  ha  chiarito  che  «il  principio
della preminenza del diritto e il concetto di processo  equo  sanciti
dall'art. 6  della  Convenzione  ostano,  salvo  che  per  imperative
ragioni di interesse generale, all'ingerenza del  potere  legislativo
nell'amministrazione della giustizia, al fine di influenzare  l'esito
giudiziario di una controversia. Pertanto, sussiste uno  spazio,  sia
pur delimitato, per  un  intervento  del  legislatore  con  efficacia
retroattiva (fermi i limiti di cui all'art. 25  della  Costituzione),
se giustificato da  "motivi  imperativi  d'interesse  generale",  che
spetta  innanzitutto  al  legislatore  nazionale  e  a  questa  Corte
valutare, con riferimento a  principi,  diritti  e  beni  di  rilievo
costituzionale, nell'ambito del margine di apprezzamento riconosciuto
dalla giurisprudenza della Convenzione europea  per  la  salvaguardia
dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali  ai  singoli
ordinamenti statali (sentenza n. 15 del 2012)». 
    Ancora di recente, la Corte costituzionale (sentenza  n.  70/2020
del 24 aprile 2020) ha avuto ancora occasione di ribadire come  siano
stati individuati «alcuni limiti generali  all'efficacia  retroattiva
delle leggi, relativi al "principio generale di  ragionevolezza,  che
si riflette nel divieto di introdurre  ingiustificate  disparita'  di
trattamento; [al]la tutela dell'affidamento legittimamente sorto  nei
soggetti quale principio connaturato allo Stato  di  diritto;  [al]la
coerenza e [al]la certezza dell'ordinamento giuridico; [a]l  rispetto
delle funzioni costituzionalmente riservate  al  potere  giudiziario"
(sentenza n. 73 del 2013; ex plurimis, da ultimo  anche  sentenze  n.
174 e n. 108 del 2019)... Questa Corte ha peraltro precisato  che  la
qualifica di norma (meramente)  interpretativa  va  ascritta  solo  a
quelle disposizioni "che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso
di norme preesistenti ovvero di escludere  o  di  enucleare  uno  dei
sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente  riconducibili  alla  norma
interpretata, allo scopo di imporre a chi e' tenuto ad  applicare  la
disposizione considerata un  determinato  significato  normativo.  Il
legislatore,  del  resto,  puo'  adottare  norme  di  interpretazione
autentica non soltanto in presenza di incertezze sull'applicazione di
una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la
scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso
del  testo  originario,  cosi'  rendendo  vincolante  un  significato
ascrivibile ad una norma anteriore" (sentenza n. 73 del  2017)...  La
distinzione  tra  norme  interpretative  e  disposizioni   innovative
rileva, ai  fini  dello  scrutinio  di  legittimita'  costituzionale,
perche'  "la  palese  erroneita'  di  tale  auto-qualificazione  puo'
costituire un indice, sia pure non dirimente, della  irragionevolezza
della disposizione impugnata" (sentenza n. 73 del 2017; ex  plurimis,
anche sentenze n. 103 del 2013 e n. 41 del 2011)». 
    12 - In conclusione, ai fini del decidere, appare rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale,
che  con   la   presente   ordinanza   viene   rimessa   alla   Corte
costituzionale, in ordine all'art. 3 della legge regionale n. 6 del 3
marzo 2020 per violazione degli articoli 3 secondo  comma;  24  primo
comma, 103 primo comma, 111 secondo comma e  117  primo  comma  della
Costituzione. 
    Il processo deve,  pertanto,  essere  sospeso,  con  trasmissione
degli  atti  alla  Corte   costituzionale,   per   ogni   conseguente
statuizione.